13Gen

STADIO

STADIO

L’ho scattata  ventidue anni fa, credo di ricordare esattamente quando. Ero un ragazzo, facevo le mie prime esperienze con la fotografia, al tempo usavo  la trix kodak che sviluppavo e stampavo.

Quella porta mi è sempre piaciuta, e sopratutto mi piaceva chi la occupava: Cacafuoco, lo ricordo piccolo e nerissimo.

Un abito nero, un berretto nero in testa, e i baffetti anch’essi  neri, in mezzo a questi un mozzicone di sigaretta che non so come facesse a fumare fino  a quel punto.

Ho cercato  quel negativo per Giorgio, che quando mi ha visto dopo molti anni mi ha  detto di quella fotografia, che l’ha conservata nella memoria. Poi qualche sera fa ci sono passato davanti, mi sono fermato  per guardarla, ma quella porta non la vedo più, ma non c’è più lui, Cacafuoco, quello che quando ci passavo, venivo rapito dai suo baffi, da quel  nero che inghiottiva la luce come un buco nero. Non ė più quel luogo, dove lui si sedeva a succhiare un millimetro di tabacco stretto tra quei baffuti.

Non ho trovato il negativo, ma intanto ho raccolto questa, passandoci davanti. Quel luogo si è eclissato ai miei occhi, alle mie attenzioni, fino a quando Giorgio non lo ha richiamato esso era scomparso, semplicemente non non esiste più

Eppure ci passo davanti quotidianamente…


23Set

Portiere

Un altro gladiatore, un combattente che porta i segni dell’ultima battaglia. Mi capita spesso di ritrarre gli sportivi subito dopo le loro performance, o dopo gli allenamenti. Questo per me comporta un percorso di avvicinamento, chiedere a qualcuno di ritrarlo immediatamente dopo una partita, non è sempre facile, prima che la tensione agonistica sia svanita a volte si tratta di renderli ancora più vulnerabili, più nudi. Scelgo di ritrarli immediatamente dopo per due ragioni: la prima è per usare l’ambiente dello spogliatoio, il luogo dove si decantano le emozioni della gara o della performance; la seconda è perché mi sembra che uno sportivo è realmente quello che fa. Il suo corpo e la sua mente sono proiettati in funzione delle sue prestazioni, e ritrarli immediatamente dopo mi permette di raccogliere degli spetti che a freddo non credo sarebbe possibile individuare.


20Set

79

79

E’ finito il mio day surgery, con esso anche il lavoro che avevo iniziato. Come avevo anticipato nello scorso post sarebbe finito lo stesso giorno. Anche in quest’occasione sono stato rapito dall’umanità che mi circondava, che insieme a me ha vissuto le ore dell’attesa. Mi emoziona molto la vicinanza con altre persone nei nostri momenti di difficoltà o di preoccupazione, sento che questi possano essere gestiti meglio, se si riesce a stare vicini, anche se si è dei perfetti sconosciuti; le anime, infondo, non hanno bisogno di fare conoscenza, si conoscono tutte da sempre, da quando tutto ha avuto inizio. In un ospedale queste anime sono prevalentemente preoccupate, questo favorisce la vicinanza. In queste ore ho steso gli occhi negli occhi di altri, ho guardato nelle pieghe di quelle lenzuola che avvolgono i corpi dei pazienti, e i pensieri e i desideri dei loro parenti. Ho seguito i passi di pantofole dei degenti in pigiama, destinati a ripercorrere ancora gli stessi passi. Ho visto le barelle scivolare veloci, verso le loro destinazioni, con la scia di preoccupazioni e di speranze dei familiari dei degenti.
Questo è solo un’anticipazione del lavoro completo, con il quale ho provato a SUPER-VIVERE la giornata di giovedì scorso.


Whoops, mi dispiace, forse questo contenuto è protetto da una password. Chiedimela, sarò contento di condividertela.



Il mare della mia città è un luogo ultra temporale, un luogo surreale, dove i colori sono sbagliati, come se qualcosa nella testa del colorista si fosse rotta ed avesse iniziato a sbagliarli apposta. In questo mare non riesci mai veramente a starci dentro, non ti accoglie quando sei sulle sue rive, lui è un po’ più in la, un po’ oltre, ti da la sensazione che non sei più il benvenuto.

E’ come qualcuno che ha subito abusi, che è stato mortificato e umiliato, e non ha attenzione da rivolgere alla speranza… ma il popolo dei bagnanti, necrofili incoscienti, continuano ad abusarlo, indifferenti alla distruzione che li circonda.